mercoledì 16 settembre 2009

L'Italia che ti stupisce!

Un italiano su due non utilizza Internet. L'indagine condotta dalla Nielsen non è datata 2000, ma anzi, i dati raccolti danno risultati sulla condizione odierna dello Stivale in relazione al rapporto dei cittadini con la rete. Fra l'altro il dato, a detta degli esperti, è in crescita rispetto al 2007, complici anche i messaggi promozionali degli enti gestori. Ma questo non è ancora bastato a favorirne una diffusione nella media. Solo il 45%, e quindi al di sotto della metà della popolazione, a partire dai 14 anni, può vantare un uso regolare del servizio.

lunedì 14 settembre 2009

Cotti a fuoco lento!

Oggi non ho voglia di aggiunere fronzoli a questo video cosi chiaro. Se avete poco più di quattro minuti di tempo dedicateli alla visione di questa storia, se così la vogliamo definire!
Combattiamo per il lieto fine!

sabato 12 settembre 2009

A rischio spionaggio!

Il Washington Post ha lanciato un allarme. Esistono in rete dei siti molto "speciali" che offrono dei servizi altrettanto "speciali": per la modica cifra di 100 dollari scoprono la password di qualsiasi indirizzo e-mail. Un toccasana per tutti gli sbadati del globo. Chissà quanti hanno smarrito la propria chiave d'accesso e hanno maledetto se stessi e il mondo intero.Ma è facile capire che qui il problema è un altro: la gente paaga per rubare la password degli altri. Questi siti (per esempio YourHackerz.com e piratecrackers.com) pubblicizzano la loro attività sul web, e contando su un sistema molto accurato, si infilano nei pc altrui grazie a un particolare software, trovano quello che cercano (la password) e solo dopo aver raggiunto l'obiettivo inviano i dati al committente che paga solo a lavoro ultimato. Nessun provider è esente da rischi. Da yahoo a Gmail, facebook, e hotmail, tutti possono essere potenziali vittime.
Dall'articolo di Cristina Nadotti su la Repubblica
"L'articolo del Washington Post porta agli onori della cronaca una situazione nota agli addetti ai lavori e nell'underground della Rete - commenta Guido Scorza - in Internet sono in vendita le altrui identità digitali". Però non è corretto dire che chi le ruba resti impunito. "La commercializzazione di altrui password così come l'acquisto di tali elementi costituisce naturalmente reato nella più parte dei Paesi e, comunque, in tutti quelli che hanno aderito alla convenzione di Budapest sul Cybercrime e l'hanno ratificata; tra questi l'Italia". La stessa Convenzione di Budapest - continua Scorza - ha introdotto importanti strumenti di collaborazione investigativa tra Autorità e forze dell'ordine di diversi Paesi. Non si può, dunque, dire che certe cose in Internet accadono perché la Rete continua a rappresentare il far-west di un tempo". Scorza sottolinea però quanto detto anche dal Washington Post, e cioè che ai governi sembra più importante sanzionare più duramente la diffusione di un'opera musicale o cinematografica che la sottrazione di identità. "In Italia, come nel resto d'Europa - conclude Scorza - negli ultimi anni si è parlato più di frequente dell'esigenza di elaborare nuovi strumenti di antipirateria che non di individuare soluzioni per limitare, se non la criminalità informatica, almeno le sue conseguenze promuovendo iniziative volte ad accrescere la maturità e consapevolezza degli utenti nell'uso delle nuove tecnologie".

ALLEGRIA!



"Tutti noi siamo dei coristi..tu sei stato il solista"

così conclude un commosso Pippo Baudo il suo saluto a Mike Bongiorno, davanti a una gremita Piazza del Duomo. Raiuno e Retequattro hanno seguito in diretta i funerali di stato in onore del padre della televisione, come tanti giustamente l'hanno definito.
Politici, colleghi, amici e migliaia di gente in piazza e in tv lo hanno accompagnato nel suo ultimo e più lungo viaggio. Ciao Mike!

giovedì 10 settembre 2009

Arianna Huffington: dalla Grecia con furore

Si chiama Arianna Stassinopoulos, ma al pubblico è nota come Huffington, il cognome del marito Michael petroliere multimiliardario che ha sposato la giornalista greca più famosa fra il popolo del web. Con il suo Huffington Post ha sbaragliato la concorrenza in rete e adesso è pronta a fare la guerra a Murdoch e alle sue idee "siamo entrati nella linked economy - afferma - chi cerca di costruire recinti attorno all'informazione e chiedere soldi per accedervi è destinato a fallire". La frecciata al magnate è diretta, e sentirselo dire da Arianna fa un certo effetto. Perchè lei in questo campo non ha rivali. Solo 4 anni fa ha dato vita al notissimo sito di informazione digitale che per la maggior parte si occupa di aggregare notizie prodotte da altri, con un link che rimanda direttamente alla pagina di riferimento, creando cosi traffico anche sugli altri siti d'informazione (che vengono ripagati con l'incremento di visite e non con corrispettivo in denaro)La sua testata, in controtendenza, continua a registrare crescite di fatturato, mentre il traffico rispetto allo scorso anno è già aumentato di sei volte. Nell'ufficio del giornale che ha sede a New york lavorano 61 giornalisti e il loro lettori on line si aggirano ormai sugli otto milioni (il New York times per esempio conta 800 dipendenti e un pubblico che si aggira intorno ai 16 milioni).
Di seguito l'intervista alla Huffington che ho trovato su Dagospia
Cosa sta succedendo, secondo lei?
È in atto una transizione difficile, un periodo di innovazione distruttiva, in cui però è necessario distinguere fra salvare il giornalismo e salvare i quotidiani. Anche se molti quotidiani falliranno, infatti, il giornalismo sta vivendo una fase eccezionale in cui si sta reinventando, come abbiamo visto per esempio in Iran, dove dopo il divieto di accesso ai giornalisti i new media come Twitter hanno avuto un ruolo fondamentale. Il «citizen journalism» avrà un ruolo sempre più importante, a mio parere alla fine ci guadagneremo tutti.
Non ritiene che il giornalismo tradizionale abbia un ruolo fondamentale nel capire le notizie che non possono essere sintetizzate in meno di 140 caratteri?
Sì, però credo anche che il giornalismo tradizionale abbia mostrato i suoi limiti. Solo negli ultimi anni, per esempio, i quotidiani hanno clamorosamente fallito nel dare conto delle due più grandi vicende del nostro tempo. Prima si sono bevuti le bugie che hanno portato alla guerra in Iraq e poi non hanno visto arrivare la grande crisi finanziaria. I quotidiani soffrono di una sorta di deficit dell'attenzione dovuto alla necessità di seguire il ciclo della notizia che impedisce loro di stare sulla notizia e approfondirla fino a che non viene fuori qualcosa. Ciò che invece sono più portati a fare i new media e i blogger.
Nessuno scoop è finora venuto dai giornalisti di internet.
È vero solo in parte. Durante la campagna elettorale negli Stati Uniti è stato un nostro lettore l'unico a evidenziare la gaffe che Barack Obama ha fatto sugli elettori della Pennsylvania, quando ha detto che la disoccupazione li porta verso la religione e le pistole: quel commento ha dominato il dibattito per giorni e ha messo in pericolo la vittoria dei democratici.
Ma ora faremo anche di più. Abbiamo creato una società nonprofit, l'Huffington Post investigative fund, che produrrà inchieste che verranno messe a disposizione non solo dell'Huffington Post ma anche di tutti quelli che le vorranno pubblicare online. Per dirigere il gruppo di giornalisti che lavoreranno agli articoli abbiamo scelto Larry Roberts, che era responsabile del giornalismo investigativo al Washington Post.
Queste inchieste si occuperanno anche dell'amministrazione Obama? Alcuni la criticano perché dicono che il suo sito è favorevole alla nuova amministrazione come il «Drudge report» lo era con la presidenza Bush.
Ci occuperemo anche di questo come abbiamo già fatto mettendo in discussione il programma di salvataggio dell'economia della Casa Bianca: ancora non si sa dove sono finiti i soldi stanziati per finanziare le banche. Uno dei problemi del giornalismo tradizionale è la sua connivenza col potere. Ma non può negare di incarnare un punto di vista progressista...
Io credo che il punto di vista non impedisca di sfidare l'amministrazione Obama. E penso che la tendenza a dividere il mondo tra destra e sinistra sia un modo antiquato di vedere le cose, un altro dei tic di cui l'informazione si deve disfare. I giornali tradizionali tendono troppo a dare conto di tutti i punti di vista, mentre la verità è che su alcuni grandi temi come l'assistenza sanitaria, la riconversione energetica o le riforme del sistema finanziario la maggioranza degli americani ha convinzioni precise che poco spazio lasciano al dibattito.
È questa realtà che intendiamo riflettere. E poi chi ci vede come un sito politico forse non sa che la maggior parte del nostro traffico viene da gente che ci legge per le nostre notizie di spettacolo e business, per i nostri blog, per l'attenzione che dedichiamo alla comunità dei nostri lettori.
Resta il problema di come generare soldi per finanziare l'informazione.
Noi crediamo in un sistema di uso corretto dei link: dell'articolo che citiamo mettiamo sul nostro sito solo due paragrafi, poi rimandiamo all'originale, generando un enorme traffico verso i giornali che aumentano il loro ricavato pubblicitario. Lo stesso per i video. Noi onoriamo appieno le leggi del diritto d'autore e in alcuni casi paghiamo già alcune fonti, come la Associated press. Il problema è come produrre ancora più reddito da questo modello di business.
E cosa pensa allora di coloro che hanno dichiarato guerra agli aggregatori come l'«Huffington Post»?
Che dovrebbero stare attenti: se i loro desideri si esaudissero, perderebbero enormi quantità di traffico e rischierebbero l'oblio.
Come vede il futuro dei media?
Immaginarlo è difficile. Basti pensare che nelle elezioni presidenziali del 2004 Youtube non esisteva e nel 2008 è stato un fattore determinante nella vittoria di Obama. L'evoluzione del sistema è velocissima e poco prevedibile, però mi stupirei se andasse nella direzione di un ritorno ai modelli di business tradizionali. Indietro non si torna.

mercoledì 9 settembre 2009

Altezza mezza bellezza!

Qualche post fà ho scritto di come alcuni capi di stato (e che capi di stato!), passati e presenti, si siano trovati in difficoltà per dei limiti fisici: vatussi imprigionati in corpi di pigmei!
Hanno combattuto contro la volontà di madre natura ma non sono riusciti a guadagnare nulla in altezza. In compenso spesso sono caduti molto in basso.
E la sindrome del "centimetro negato" continua a mietere le sue vittime anche adesso! Stavolta ci spostiamo in territorio francese per analizzare lo strano caso di Nicolas Sarkozy. Risulta infatti che, qualche giorno fa, il 3 settembre, in un fabbrica di Caligny in Normandia (la Faurecia, impresa fornitrice della Peugeot, in situazione di crisi), durante una visita del Presidente francese, gli operai che lo hanno affiancato sul palco sono stati scelti appositamente in base all'altezza (assolutmante vietato esser più alti di Sarkozy). E mentre dall'Eliseo si affrettano a smentire c'è chi giura che non si tratta di una bufala. Fioccano le interviste e le dichiarazioni di chi c'era e vuole dire la sua. A una tv belga (Rtbf) un'operaia ha dichiarato: "Sì, è vero, nessuno doveva essere più alto del presidentene" e un delegato sindacale chiamato in causa dall'agenzia francese Rue 89 dice: «Sappiamo per certo che la richiesta non è arrivata dalla direzione della fabbrica, ma dall'Eliseo». Il mistero si infittisce e c'è chi rincara la dose affermando che la Bruni prima di sposare Sarkozy ha dovuto divorziare dai tacchi a spillo. Povera Carla, a volte la vita ci mette di fronte a scelte tanto impreviste quanto dolorose! E' proprio vero che anche i ricchi piangono!

Ps: chiedo umilmente scusa per l'eccesso di detti popolari che costellano il mio blog..non riesco a farne a meno!

lunedì 7 settembre 2009

Pronti al cambiamento!


Che Internet ci ha cambiato, modificando i nostri modi di fare, migliorando alcune cose e peggiorandone altre, lo sappiamo! Ce lo sentiamo ripetere spesso, dagli articoli dei giornali ai servizi dei Tg. Ma in concreto quali sono le abitudini che il web ha modificato? Il Telegraph ne ha individuatoe 50. Io ne riporto alcune...e poi vi rimando al link proprio qua su. Inoltre sul Corriere della sera ci sono altri due articoli che riportano la notizia..e vi propongo altri due link, per chi come me, non riesce a tradurre proprio tutto.

  • consultare il televideo è una pratica che via via sta scomparendo. Con pochi clic scoviamo su internet tutte le notizie che cerchiamo.

  • Gli album fotografici. Anche in questo caso è più semplice trovare gente che "sfoglia" le foto direttamente sul pc.

  • conoscere le strade; qualsiasi destinazione è a portata di mano.

  • Tornare dalle vacanze senza sapere cosa è accaduto nel proprio paese. Da qualsiasi parte del globo è possibile collegarsi e sapere cosa è successo nella propria nazione, regione, o comune.

  • I giornali famosi. Per esempio in America internet ha già fatto le prime vittime fra i giornali più illustri a causa del passaggio degli investimenti pubblicitari dal cartaceo al web (Seattle Post-Intelligencer, Rocky Mountain News)

  • Giocare con le carte al solitario. Carte? Quasi eslusivamente monitor e mouse e il gioco è fatto!

  • Le note e piè di pagine per citare opere e articoli, scompaiono lasciando il posto ai link.

  • Ascoltare un album dall'inizio alla fine è un evento più unico che raro. Ormai si scaricano solo le canzoni che ci interessano.

  • Le lettere spedite con posta tradizionale sono state sostituite dalle più veloci e comode e-mail.

  • La privacy è una questione che fa molto discutere. Nelle chat, social network gli associati condividono informazioni e particolari della loro vita senza nessuna possibilità di controllo.
  • Anche gli elenchi telefonici sembrano essere diventati oggetti di un'epoca assai lontana.

sabato 5 settembre 2009

L'apparenza a volte inganna.


Sto leggendo un testo di Peter Burke dal titolo "Testimoni oculari. Il significato storico delle immagini" (carocci Editore) e pagina 83 ho trovato delle cose che voglio condividere con voi! Nel paragrafo da cui ho tratto il periodo che trascriverò in seguito, l'autore racconta di come, col passare del tempo, anche il modo di rappresentare artisticamente le maggiori cariche dello stato ha subito cambiamenti, dovuti sia alla creazione di nuovi mezzi (dal dipinto e le sculture alle foto) sia al diverso modo di rappresentarre le vesti, le posture ecc... Comunque, quello che intendo fare con questo post è sottolineare come il comportamento di certi personaggi del passato è simile a quello di potenti uomini contemporanei...Ecco cosa scrive Burke:
"[...]Merita poi maggiore attenzione l'importanza assunta dal cosiddetto "trattamento dell'immagine": nel Trionfo della volontà, Hitler veniva ripreso dal basso contro il cielo perchè apparisse più alto ed eroico. Lo stesso accorgimento è stato adottato da Fedor Surpin nel ritratto di Stalin, e Mussolini, un altro dittatore decisamente basso, quando salutava le truppe saliva in piedi su uno sgabello. Anche Nicolau Ceausescu era basso di statura e si sforzò sempre di nasconderlo; secondo il suo interprete inglese "le foto di Ceausescu agli aeroporti con dignitari stranieri vennero sempre scattate di scorcio in modo da esser sicuri che sembrasse alto o addirittura più alto dell'altra persona".
[....] Il "Trattamento dell'immagine", può essere un'espressione nuova, ma di certo l'idea non è originale: Luigi XIV, per esempio, usava tacchi alti e non veniva mai ritratto accanto al figlio perchè il Delfino era più alto."
A me sono subito tornati alla mente i servizi di Striscia la Notizia che svelavano i retroscena durante le foto ufficiali e i trucchetti che il nostro Premier escogita per sembrare più alto.
In altri casi potrei addirittura azzardare "Nella botte piccola sta il vino buono", ma in questo caso preferisco di no!

Google conquista il copyright


Il primo settembre 2009, dopo 5 anni di battaglie Google, l'azienda di Mountain View, vince la guerra e ottiene il copyright sulla homepage dallo Us Patent and Trademark Office degli Stati Uniti, con la licenza numero US D599372s. Il semplicissimo ed essenziale layout del motore di ricerca più famoso del mondo non potrà più essere riprodotto, ne tantomeno potranno essere create pagine che ne riprendono la struttura grafica, o fare qualsiasi altra operazione che induca il navigatore a credere che si tratti di una pagina legata a Google. Molti siti, dopo questa decisione, saranno costretti a rivedere l'aspetto delle proprie home.

venerdì 4 settembre 2009

Battiamo le mani a SIlvio

“L’Italia non è più divisa tra destra e sinistra, ma tra chi è una celebrity
televisiva e chi no”
Erik Gandini e il suo film-documentario "Videocracy" (evento speciale di SIC e Giornate degli Autori) sbarcano a Venezia, in occasione della notissima mostra cinematografica, e raccolgono una pioggia di applausi e un numero di spettatori talmente numeroso da rendere necessaria, oltre a quella già prevista, un'ulteriore proiezione in sala Darsena alle 23,30.I protagonisti del docu-film sono personaggi dello spettacolo noti al pubblico televisivo: dai tronisti di "Uomini e Donne", alle veline di striscia, Lele Mora e il discutissimo ex-fotografo dei vip Fabrizio Corona (che si è fatto attendere invano alla Mostra). Quello che Gandini vuole fare è raccontare, partendo dalla nascita, i 30 anni della tv Berlusconiana, fatta di programmi trash, e di intrecci politici contorniati da affari loschi e palesi conflitti di interesse. Anche il Presidente, con un mosaico di video e immagini di repertorio, è suo malgrado presente in "Videocracy" (il sistema di potere attuale italiano per il regista è appunto una sorta di videocrazia). Il film realizzato in un primo momento per il solo mercato svedese, sarà distribuito da Fandango già a partire da oggi.
Ho trovato sul portale libero un'intervista rilasciata ieri da Gandini che ripropongo


Che cos’è Videocracy?
Senza retorica intellettuale e luoghi comuni, un documentario realizzato per gli amici svedesi da un italiano che accende la tv e prova tristezza. Non a caso, sembra una fiaba.
Come la racconti?
Leggo i giornali, sono informato delle “vicissitudini” del Presidente, ma da filmaker mi interessa la mia percezione, non la realtà dei fatti. Non mi identifico in Michael Moore, piuttosto con Antonioni: la dimensione del mio lavoro non è politica, ma emotiva.
Come siamo arrivati a questa “telecrazia”?
Quando sulle tv locali degli anni ’70 comparvero i primi spogliarelli casalinghi in bianco e nero (con cui si apre il film, NdR), avremmo riso all’idea che fosse iniziata una rivoluzione culturale, un new world order. Ma è quel che è successo.
E oggi?
Oggi, ci sono i Mora e i Corona, personaggi che dicono molto del Sistema sopra di loro: sono i soldati di Berlusconi.
Eppure Corona si è costruito un’immagine da gangster, ribelle a suon di scatti contro lo Stato e lo star-system.
Si presenta come il Che Guevara contro la videocrazia, il novello Robin Hood che ruba ai ricchi per dare a se stesso, ma anche la sua è una ribellione funzionale al Sistema del Presidente.
Mora rimpiange che Berlusconi non sia come Mussolini e ci fa sentire canzoni fasciste dal suo telefonino; Corona pontifica, fa ospitate in discoteca e si mostra nudo sotto la doccia: perché?
Mora meno, Corona molto, entrambi sono consapevoli della propria immagine, ma non si rendono conto di quel che fanno e quel dicono: perché in Italia tutto questo è normale.
Così si sono concessi totalmente...
Da un italiano forse non si sarebbero fatti avvicinare, ma la componente esotica di uno svedese li lusingava. Sono stato molto aperto su quanto stessi facendo, ma da grandi egocentrici quali sono credo non gliene importasse nulla. Inoltre, sono completamente analfabeti di documentario: l’idea che un operatore possa avere un cervello e un’ispirazione artistica gli è completamente estranea.
Che rimarrà di Videocracy?
Spero una costatazione: fun is not fun anymore. Nemmeno in tv.

Anche se è illegale, io continuo a scaricare! La classifica dei film e serie tv più ricercati!

Scaricare illegalmente file da Internet, è divenuta oramai una prassi consolidata nel panorama internazionale, un fenomeno tanto diffuso quanto difficilmente arginabile. Da tempo pubblicità e campagne di sensibilizzazione contro la pirateria sfruttano i mezzi di comunicazione e l'ascendente dei personaggi dello spettacolo più amati per cercare di trovare una soluzione alla questione. La Francia di Sarkozy, con le proposte di legge Hadopi e Hadopi II, sembrava aver trovato un modo per risolvere il problema, ma l'argomento scottante e le forti critiche, hanno fatto slittare di qualche mese la decisione del Senato, prevista per questo mese. Nel frattempo la gente di tutto il mondo continua a scaricare e una classifica stilata da "Big Champagne" mostra i film e le serie tv preferite dalle centinaia di milioni di "navigatori fuori legge".


I FILM PIù SCARICATI
  • Watchmen; 16,906,452

  • The Curious Case of Benjamin Button; 13, 133, 137

  • Yes Man; 13,038,364

  • Twilight; 11,632,645

  • Fast and Furious; 10,613,668

  • Gran Torino; 9,880,700

  • Marley and Me; 9,099,219

  • Slumdog Millionaire; 8,840,884

  • Bolt; 8,690,633

  • Australia; 8,628,012

LE SERIE TV PIù SCARICATE:

  • Heroes; 54,562,012

  • Lost; 51,151,396

  • 24; 34,119,093

  • Prison Break; 29,283,591

  • House; 26,277,954

  • Fringe; 21,434,755

  • Desperate Housewives; 21,378,412

  • Grey's Anatomy; 19,916,775

  • Gossip Girl; 19,706,870

  • Smallville; 19,598,999

giovedì 3 settembre 2009

Buon compleanno Arpanet!

L'antenato di Internet, Arpanet, ha compiuto ieri la bellezza di 40 anni. Ne è passata di acqua sotto i ponti! Un articolo de La stampa.it, che ha come fonte Apcom, fornisce alcun cenni storici. Io: copio e incollo!

In principio erano appena due computer. Due cervelli elettronici che comunicavano a breve distanza e che il 2 settembre del 1969 si scambiarono il primo leggendario segnale: le prime due lettere del segnale di accesso «logon». Da quell’impulso, considerato il primo impulso di quello che in futuro diventerà Internet, gli scienziati festeggiano domani i primi 40 anni. Nel 1969 nasceva infatti Arpanet, la prima rete di comunicazione informatica, elaborata a scopo militare nei laboratori delle università di Ucla e di Stanford, in California.Il progetto militare «Arpa» nasceva in realtà ben prima di quel mitico bit quando, in piena Guerra Fredda, il Pentagono chiese agli scienziati americani di elaborare un sistema in grado di far comunicare il sistema di difesa anche in caso di attacco alle normali reti radio e telefoniche. Il primo network informatico fu concepito così già nel 1962. Solo il 21 novembre del 1969 verrà però installato il primo effettivo collegamento permanente tra i pc di Arpanet.La vera e propria Internet nascerà solo nel 1974 ma quel primo segnale è considerato ancora oggi l’alba dell’era informatica che nel giro di pochi anni portò alla definizione dei primi domini («.com», «.gov» e «.edu») e che solo alla fine degli anni ’80 vide aggiungersi alla rete qualche migliaio di computer. Nel 2002 connessi tra di loro di processori ce ne erano 27 milioni solo negli Stati Uniti e quasi 300 milioni in tutto il mondo. Da allora la crescita è divenuta esponenziale, parallelamente alla diffusione di massa dei pc.Lo sviluppo commerciale della rete si è visto solo negli anni ’90 grazie all'invenzione del primo browser Web Mosaic: allora le aziende hanno intuito il potenziale commerciale di Internet dando vita a quelli che tutt’oggi sono i colossi finanziari del web, da Amazon a eBay e Yahoo!. Google, che è diventato il sinonimo stesso dei motori di ricerca, vedrà la luce solo nel 1998, undici anni fa.La storia di Internet non è fatta però solo dei progressi dell’informatica, che hanno portato alle connessioni senza fili prima e a quelle mobili poi. Negli ultimi anni la rete costringe ad aggiornare i sistemi giuridici, portando all’elaborazione di norme per la tutela dei dati personali così come della firma elettronica sui contratti, e quelli finanziari che hanno visto alla fine degli anni ’90 il boom delle società informatiche in borsa.Oggi su Internet passa la maggior parte delle comunicazioni mondiali, dalle email, alle telefonate attraverso i sistemi Voip (voice on Internet protocol) e la rete ha modificato profondamente la finanza così come il modo di condurre le campagne elettorali. A 40 anni di distanza dal quel primo segnale la popolazione della rete ha raggiunto l’incredibile quota di 1,5 miliardi di persone, ovvero il 25% degli abitanti del pianeta è di fatto online.